Antonio Ficai – Intervista #NOFILTER

Seguo Antonio da molti anni, ammiro l’impegno che mette in tutto quello che fa, mi piace il suo modo asciutto ed intelligente di conversare online, ma non avevo mai avuto il piacere di conoscerlo di persona. Finalmente il 20 Settembre di quest’anno ci siamo incontrati a Roma, presso la LUISS ENLABS durante l’evento #DoLabCamp, confermando in pieno l’idea che mi ero fatto di lui. L’occasione era troppo ghiotta per non fargli qualche domanda sulla sua persona in quanto tale e sul suo grande amore: Instagram.

Panel & Salame
Ragazzi Panel & Salame

 

Ti definisci un “Informatico prestato alla comunicazione ed al marketing”, mi ci rivedo molto, mi descrivi il tuo lavoro?

Informatico perché è il mio punto di partenza professionale, il marketing è arrivato dopo, strada facendo. Pensa che ho iniziato durante i primi anni ’80 a “smanettare” con il computer, in seconda media alcuni compagni si fecero regalare per la promozione il Commodore Vic 20 per fare programmare i primi video-game in tv; io, invece, scelsi un Sinclair Spectrum per poter programmare in basic, e da quel momento in poi non ho mai smesso di imparare. E tutto per pura passione!

Durante il servizio militare ho potuto approfondire le mie conoscenze a spese dello Stato: era l’anno in cui uscì Windows 95 e da lì tutto è cambiato, per me, ma anche per l’umanità. Mi sono subito connesso ad Internet, ho creato i miei primi siti web in html puro, poi mi sono innamorato di Flash, e da lì via verso quell’evoluzione del network che ora chiamano web 2.0.
Il marketing e la comunicazione sono stati una conseguenza naturale del ruolo di consulente Internet. Per ben 10 anni sono stato socio di una importante agenzia toscana di comunicazione e ho potuto fare formazione sul campo, sperimentando ed imparando tecniche di marketing che tutt’oggi posso applicare nelle strategie che pianifico per i miei clienti.

Instagramers: chi sono, da quale pianeta provengono e cosa vogliono?

Gli instagramers sono innanzi tutto dei semplici appassionati di mobile photography che hanno deciso di uscire dal network virtuale di Instagram ed iniziare a frequentarsi offline, per scambiarsi tecniche fotografiche, e per condividere assieme esperienze di viaggio e di esplorazione urbana. Da qui la nascita di una community internazionale denominata proprio Instagramers, figlia di una idea di Philippe Gonzales, fondatore e attuale front-man del movimento.

Siete spalmati su tutto il territorio, come siete organizzati? C’è un direttivo centrale?

In Italia la community è nata quasi subito e, in meno di due anni, è cresciuta a tal punto che ha dovuto darsi una forma giuridica. Siamo così diventati un’ Associazione Culturale, cosa che ha permesso lo sviluppo di un’identità riconosciuta, che potesse partecipare ad eventi o manifestazioni sul territorio.
La community italiana è in crescita costante da nord a sud, e conta quasi settanta gruppi organizzati, suddivisi tra regionali e provinciali; come ogni associazione, abbiamo un consiglio direttivo eletto e varie attività collegiali interne. Ho partecipato alla fondazione ed attualmente rivesto il ruolo di tesoriere nazionale, oltre che membro del consiglio, uno duro lavoro che purtroppo qualcuno doveva fare.

Per quanto riguarda le community locali, nel 2011 ho aperto il profilo di Instagramers Livorno e, l’anno successivo, quello di Instagramers Toscana, che oggi è diventato il gruppo regionale maggiormente strutturato: tutte le dieci province toscane hanno una propria community locale, sono molto attive sul territorio ed organizzano eventi locali e regionali sia in proprio sia con il supporto di enti o privati nel settore della promozione turistica territoriale.
Sono molto soddisfatto del lavoro svolto finora in Toscana, il gruppo di persone con le quali collaboro è davvero affiatato ed estremamente competente.

Come vedi nel futuro gli instagramers italiani?

Esiste un oggi, il futuro non è contemplato. L’evoluzione ed il cambiamento in questo contesto è tale che non si può prevedere niente, tre anni fa nessuno avrebbe mai immaginato di arrivare dove siamo oggi, figuriamoci se è possibile prevedere cosa succederà tra altri tre anni, ma anche tra tre mesi. L’unica certezza è l’imprevedibilità: ripeto spesso che Instagram “non è un servizio pubblico” è un prodotto di Facebook, un’azienda privata sulle cui azioni non abbiamo alcuna voce in capitolo, nonostante siamo in milioni ad utilizzare l’app. Se domani Instagram dovesse chiudere, a noi cosa resterebbe? Una rete di contatti personali e professionali e tanta, tanta esperienza che potremmo andare a riversare su altri network, per ricominciare daccapo. Una sfida che affronterei senza problemi.

Questo tuo impegno come si concilia con il tuo lavoro?

Ormai è diventato un lavoro full time, mi alterno tra l’organizzazione degli eventi e delle attività dell’associazione e le operazioni di formazione, marketing e promozione che svolgo come professionista. Quest’anno l’attività legata ad Instagram è diventata la percentuale più alta del mio operato, fornendomi diverse soddisfazioni: ha dato nuova linfa alla mia attività professionale e mi ha permesso di girare e conoscere il nostro Paese come mai prima d’ora, questo mi fa solo piacere, un po’ meno alla mia famiglia che mi aspetta in eterno a casa, ma questa è un’altra storia.

 

Considerazioni

Le risposte confermano in pieno l’impressione che mi ero fatto: creatività regolata a puntino da sano pragmatismo. Apprezzo il lavoro che fanno gli Instagramers, chiunque metta passione in quello che fa, ha certamente il mio rispetto. Grosso punto interrogativo per alcune derive narcisistiche croniche. Un pizzico va bene, come il peperoncino, se si esagera… ammazza qualsiasi altro sapore…

Salvatore Russo
Salvatore Russo

Brand Builder croccante con morbido ripieno di creatività. Consulente di Branding, Personal Branding, Event Marketing e ideatore di blog di successo. Autore dei libri &Love Story, SEO&Content e SEO&Journalism. Founder e Direttore Creativo di &Love.

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